Il termine ‘amanuense’ deriva dalla locuzione latina a manu servus, che indicava in origine lo schiavo deputato alla copiatura manuale di un testo. Tale attività di copiatura e trascrizione ebbe diffusione soprattutto all’interno dei monasteri, ove continuò a svilupparsi fino all’introduzione della stampa a caratteri mobili.
Immobili, per ore, nella stessa posizione, seduti al proprio banco all’interno dello scriptorium (si ricordi l’immagine di questo luogo, ad esempio, ne “Il nome della rosa”), i monaci amanuensi erano esonerati dalle preghiere della terza, della sesta e della nona ora per poter usufruire di tutta la luce possibile senza perdite di tempo.
Torturati dai crampi alle dita e dal freddo pungente in inverno, non è difficile carpire il significato delle espressioni di riconoscenza che venivano riportate, al termine del lavoro, sull’ultima pagina del manoscritto (“L’approdo non è più gradito al marinaio di quanto non sia l’ultima riga del manoscritto allo stanco amanuense”). L’amanuense, inoltre, ringraziava spesso Dio o la Vergine Maria per averlo guidato fino alla conclusione dell’opera (“Laus tibi Christe quod liber explicit iste”).
Ma nel silenzio e nel buio dello scriptorium si celavano diavoleschi pericoli.
A cura di Gabriele Richetti
Titivillus: un demone tra i banchi dello scriptorium
Per giustificare (forse) gli errori dei copisti, la demonologia medievale creò la figura di Titivillus, un demone ritenuto responsabile degli errori di copiatura dei monaci, errori che molte volte vanificavano il lavoro di giorni e giorni di trascrizioni.

Questo diavoletto induceva i monaci, secondo le fonti, a chiacchiere oziose e mormorii che alla lunga provocavano un errore di copiatura o una dimenticanza. Secondo alcuni autori inglesi, lo stesso Titivillus, parlando, ometteva parole o addirittura intere frasi.

Come se non bastasse, l’infernale creatura raccoglieva in un sacco tutte le lettere dimenticate o sbagliate dei monaci (insieme alle parole omesse o mal pronunciate all’interno delle funzioni religiose), per poterle poi usare contro di loro, come prova di negligenza, nel giorno del giudizio universale.
Le miniature dette drôlerie, tra scimmie e conigli assassini
L’amanuense, una volta terminato il lavoro di copiatura (e dopo aver respinto gli attacchi di Titivillus), lasciava il posto al miniaturista (dal latino minium, il minerale da cui si ricavava il colore rosso per le lettere maiuscole, lasciate appositamente in bianco dal copista). Potrebbe sembrare un compito secondario, meno importante di quello spettante all’amanuense, ma non è così.
I miniaturisti, infatti, erano degli artisti che, oltre a decorare le lettere iniziali e i titoli, inserivano nei margini vere e proprie opere d’arte di pochi centimetri: scene di vita quotidiana, immagini religiose e… conigli assassini.
No, non è un errore di battitura (caro il mio Titivillus), ma ciò che ci introduce all’ultimo tema di questo breve articolo: le drôlerie, illustrazioni grottesche inserite dai miniaturisti nei bordi delle pagine.
Si trattava di immagini bizzarre, dall’enigmatico soggetto, utili per riempire gli spazi bianchi e i bordi del manoscritto, oltre che per esorcizzare l’horror vacui (spirituale e materiale) del miniaturista stesso.
Tra le più famose possono essere ricordate le scimmie, rappresentate come lussuriose, e i conigli. Questi animali, solitamente utilizzati come esempio di codardia e mitezza, nelle miniature diventano altre creature, violente, venatorie, quasi a ribaltare i ruoli che hanno nella vita reale. Troviamo così conigli che uccidono uomini, che cacciano cavalcando capre o che suonano strumenti musicali.
Fanno parte delle drôlerie anche altri animali (galline, gatti, cani, pesci ecc.) e figure umane in posizioni oscene o quantomeno bizzarre (come i due uomini decapitati che continuano a combattere tra loro).
Temi sacri (non mancavano, in ogni caso, scene religiose) e allo stesso tempo profani, spesso volgari (come le teste di lupo al posto dei genitali, per indicare la “fame sessuale” del soggetto rappresentato), simbolo di una libertà dell’artista quasi in contrasto con la rigidità medievale, in antitesi con la fredda schematicità del lavoro dell’amanuense.
Una cosa è certa: da sempre le immagini hanno affascinato il pubblico e regalato celebrità all’autore. Anche nel caso di conigli assassini e scimmie dispettose.